RecensioniThrash

ANTHRAX – We’ve Come For You All (Nuclear Blast – 2002)

Altri tempi quelli in cui si indicava come vero e proprio pilastro del thrash metal mondiale, il temibile trio Metallica, Slayer e Anthrax; gruppi che più di tutti gli altri sono riusciti ad andare oltre i canoni più tradizionali di intendere la musica “estrema” (fino a quel momento monopolizzata solo dal punk, NWOBHM e basilari bands storiche), attuandone una lenta ma costante evoluzione ed estremizzandola più di quanto non avessero già fatto “gentaglia” come Hellhammer o Venom. Il dato più rilevante è comunque fornito dalla larga popolarità che codesti riuscirono a guadagnare rispetto a loro colleghi illustri (leggi Megadeth, Testament, Exodus o gli sfortunati Possessed) e a mantenerla più o meno inalterata nonostante le mode, i mezzi passi falsi o le incertezze creative.

La storia poi si sa, ha fatto il suo corso, con le ambizioni megalomani dei Metallica, i non proprio convincenti ultimi lavori degli Slayer (premiati solo dalla loro perenne attitudine oltranzista) e la continua ricerca di una propria identità (dopo la dipartita del singer Belladonna) degli Anthrax.

Per quel che riguarda “We’ve…”, non si può dire a priori che sia un bellissimo album, ma neanche necessario è accostarlo ai suoi più vicini predecessori Stomp 442 e Volume 8. E’ chiaro però il segnale di ripresa dei cinque (ex)moshers soprattutto in prospettiva futura, in considerazione del fatto che oggi è molto più difficile trovare spazio, per una band come gli Anthrax, al fianco di astri nascenti del calibro di System Of A Down o Soil.\r\nIl suono, come era facilmente prevedibile, è moderno anche se conserva il tipico trademark del gruppo, attuando la formula già collaudata nel recente passato (ma questa volta con maggiore successo) di unire melodia e groove nei pezzi, in maniera giusta ed equilibrata. Il risultato è di un disco “tosto” e “quadrato”, come dimostrano i riff a mitraglia di “What Doesn’t Die” o “Black Dalia”, velocissimo brano ai confini con il death-core, ed in entrambi i casi capaci di competere con le ultime songs di casa Slayer. Strizzatine al passato ma con l’occhio di oggi per “Think About An End” e la vivace “Nobody Knows Anything” con un Charlie Benante in grande spolvero, mentre ritengo “Superhero” (interessante anche per i suoi forti ed intensi contenuti lirici) e “Taking The Music Back” i momenti di spicco dell’intero lavoro. Spazio anche per brani più melodic-oriented tra cui risalta “Refuse To Be Denied” costruita con la saggia alternanza di parti di chitarra acustica e riff potenti, per poi sfociare in un refrain suggestivo e melodico, dove trova conferma come screamer di razza John Bush (no George W. Bush relation).

Tutto sommato un buon ritorno (almeno dignitoso) con la consapevolezza che i fasti di Among The Living o State Of Euphoria non potranno più tornare.

Roberto Pasqua

Valutazione

7.5

Voto

Pros

  • +

Cons

  • -
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